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INVITO: Un racconto per immagini di Guerrino Lovato – LA LEVATRICE INCREDULA – Venezia, 17 dicembre 2016

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Immagini della “Levatrice incredula” nella storia dell’arte. Dal libro di Guerrino Lovato.

24 immagini tratte dalla seconda edizione del libro “LA LEVATRICE INCREDULA NELLA LEGGENDA DELLA NATIVITA’” Cliccate sulle foto per ingrandirle e godere di tutti i particolari. Con un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato alle conferenze e agli affezionati lettori del nostro blog… i più sinceri auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo! Iscrivetevi al blog per seguire le novità del 2015.

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In copertina Lorenzo Lotto, olio su tavola, 1527 ca. Pinacoteca nazionale, Siena.


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Calendario Conferenze Dicembre 2014 – “La levatrice incredula nella leggenda della natività”

Calendario presentazioni del libro di Guerrino Lovato LA LEVATRICE INCREDULA NELLA LEGGENDA DELLA NATIVITA’ :
La seconda edizione della Levatrice incredula ha quasi raddoppiato il numero di pagine del libro precedente,da 112 a 160 con nuove schede e apporti di studiosi come Michele di Monte, Claudia Terribile, Fabrizio Biferali e Piero Bertolucci. Le nuove schede aprono nuove problematiche come l’uso della Levatrice incredula a segnare la conversione di cristiani ortodossi e di cristiani protestanti verso il cattolicesimo e approfondisce alcune letture che nella prima edizione erano più in superficie.

La levatrice incredula nella leggenda della natività

Martedì 2 Dicembre – ore 20.30
Villanova di Camposanpiero – Padova – Bibiloteca Civica
Presenta l’Assessore alla cultura.

Sabato 6 Dicembre – ore 17.30
Cavasso Nuovo – Pordenone – Sala Comunale
Presenta Willi Sanquirin.

Martedì 9 Dicembre – ore 20,30
Treviso – Palazzo Bombelli, per Italia Nostra
Presenta Giovanni Roman.

Mercoledì 10 Dicembre
Venezia – Chiesa di San Vidal, per Chorus
Presenta Giandomenico Romanelli

Venerdì 12 Dicembre – ore 18.00
Venezia – Torre di Mosto – Studio Fiorindo
Presenta Paolo Fiorindo.

Mercoledì 17 Dicembre – ore 17.30
Venezia – Scuola Grande di San Marco
Sala dell’Albergo Ospedale Civile
Presenta Maurizio Bastianetto.

Sabato 20 Dicembre – ore 17.00
Ancona – Biblioteca Comunale di Fabriano
Presenta Giorgio Pellegrini.

 

Il libro costa € 10,00.

 

Guarda il video La Levatrice Incredula con Guerrino Lovato

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Guerrino_Conf_06un ringraziamento al fotografo Paolo Mameli

 

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Invito – La Levatrice incredula al Museo della città di Bettona

Sabato 22 marzo 2014 – ore 17,00
In Sala Biancalana del Museo della città di Bettona (Perugia)

Conferenza: La Levatrice incredula nella leggenda della Natività
Immagini di una storia dimenticata dal racconto di Guerrino Lovato
autore del libro La levatrice incredula nella leggenda della Natività
112 pp, Lupi e Sirene editore, Venezia 2012, € 13,00

Clicca qui per richiedere il libro

Levatrice Incredula

Guarda il video La Levatrice Incredula con Guerrino Lovato

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Approfondimento a “La levatrice incredula nella storia della natività”

Da una lettera di Michele Di Monte
Note aggiuntive al libro di Guerrino Lovato “La Levatrice incredula nella storia della natività“.

Quanto alla complessità, la figura della levatrice più o meno incredula (uso di proposito questa formula) si offre a una lettura stratificata, così come stratificate e sfaccettate sono le funzioni che essa assume e può assumere nelle diverse interpretazioni figurative. Si tratta, in realtà, di un personaggio ambivalente, sotto più di un rispetto. Tanto per cominciare, infatti, e da un punto di vista filologico e “genetico”, proprio il dettaglio del bagno del Cristo appena nato ad opera delle due ancelle, per quanto di contorno, è il più evidente trait d’union con i precedenti iconografici classici del tema della Natività, vale a dire con la scena della nascita e dell’infanzia di Dioniso, dove ricorrono appunto, talvolta con notevoli coincidenze, le figure delle ancelle intente ad accudire il neonato (vedi, qui di seguito, figure 1,2,3).

1. Infanzia di Dioniso, Roma, Musei Capitolini

1. Infanzia di Dioniso, Roma, Musei Capitolini

2. Nascita di Dioniso, III s., Roma, Museo Ostiense

2. Nascita di Dioniso, III s., Roma, Museo Ostiense

3. Nascita di Dioniso, II s., Perge, Asia Minore

3. Nascita di Dioniso, II s., Perge, Asia Minore

Non stupisce che una simile configurazione compaia a Roma, già nei primi secoli del Cristianesimo, nelle catacombe di San Valentino sulla via Flaminia (non di S. Sebastiano, in realtà, come indicato per svista nel tuo libro), anche se oggi possiamo giudicare solo dalle incisioni della Roma sotterranea del Bosio (1632), che peraltro aveva scambiato la scena del bagno per la raffigurazione di un martirio (donde le fattezze maschili di Salomè che tu stesso hai notato: fig. 4)

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4. A. Bosio, Roma sotterranea, 1632

Persino il titulus con cui una delle due donne viene non di rado contrassegnata nelle immagini bizantine, in particolare in Cappadocia, Hmea (o H MEA, dal greco H MAIA, cioè appunto “levatrice”), potrebbe derivare da un prototipo antico, il celebre Velo di Antinoë, oggi al Louvre, che raffigura appunto il frangente del bagno di Dioniso, rappresentato in braccio alla levatrice Mea. In Occidente, il titulus diventa un vero e proprio nome, come succede a S. Maria foris portas di Castelseprio (che nel tuo libro, non saprei perché, compare come S. Maria “Antigua”), anche grazie alla traslitterazione latina. Nell’episodio della natività, l’ancella incredula è infatti identificata come Emea – lo si vede meglio nelle vecchie foto (fig. 5.) – la quale ricompare anche più in basso, con identica acconciatura, nella scena del bagno, esattamente come nelle catacombe di S. Valentino (e dunque non c’è bisogno di postulare tre ancelle invece delle due canoniche, come suggerisci a p. 28). Tra l’altro, qui sembra esserci stata anche una sorta di inversione, dal momento che, di norma, negli affreschi rupestri orientali – a Qeledjar, Soghanle, Qaranleq, Tchareqle, Qarabach – la seconda donna è appunto qualificata come CΑΛΟΜΕ o CΑΛΟΜΙ.

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5. La levatrice Emea, S. Maria foris portas, Castelseprio, particolare

La Salome descritta dagli Apocrifi poteva così trovare un supporto o una veste visiva bell’e pronti, anche se dal punto di vista testuale l’identità della levatrice incredula è piuttosto complessa, in particolare nella tradizione orientale (e copta, soprattutto) in cui si forma pure il Protovangelo di Giacomo, dove Salome, per omonimia, viene talvolta identificata nella figlia di Giuseppe, sorella di Gesù, e talaltra nella Maria Salome discepola di Cristo, ulteriormente associabile alla Madre di Giacomo Minore, alla madre dei figli di Zebedeo, o alla sorella di Maria, variamente citate nei Vangeli. Come che sia, anche sul piano figurativo la declinazione del suo ruolo è variabile, così come è variabile la scelta dei momenti e delle connotazioni implicate: da una semplice presenza funzionale e “neutrale” – frequente in area orientale post-iconoclasta – e spesso con inflessioni realistiche (come nelle scene in cui controlla la temperatura dell’acqua del bagnetto) al più esplicito riferimento all’episodio della mano paralizzata e poi guarita, che può ulteriormente articolarsi in una sorta di sequenza micro-narrativa o includere momenti successivi e distinti, come la predicazione del miracolo.

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6. Avorio bizantino, VI s., Londra, British Museum

Un esempio del primo caso, piuttosto precoce, si vede nella placchetta del British Museum (fig. 6), dove, nel registro inferiore, Salome, dopo aver saggiato la verginità d Maria (a sinistra) e aver presumibilmente lamentato la punizione (come nella scena di Castelseprio e della Cattedra di Massimiano), corre, a destra, a toccare la greppia, reggendosi la mano con il braccio sano (il particolare si vede ancora meglio in una pisside d’avorio, oggi a Berlino, più o meno coeva, che riprende il motivo: fig. 7).

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7. Pisside d’avorio, VI-VII s., da Minden, Berlino, Staatlichen Museen

Quanto alle amplificazioni narrative, l’esempio forse più indicativo sono i disegni trecenteschi del codice Ambrosiano, MS L. 58 sup. Ma c’è un altro aspetto, sebbene meno noto, che riguarda più direttamente l’ambivalenza della figura che stiamo trattando. Infatti, in varie illustrazioni medievali, e più precisamente tardo-medievali, il ruolo che dovrebbe essere di Salome viene di fatto assunto da un altro personaggio, la cui identità non è sempre facilmente accertabile e distinguibile, ma che pure presenta, in qualche caso, peculiarità specifiche. Si tratta di quella Anastasia che anche tu citi di sfuggita, ma che va in realtà distinta dalla Salome della tradizione più antica. Nell’agiografia cristiana c’è più d’una santa con questo nome, e talvolta l’Anastasia che ci interessa viene identificata con la martire di Sirmium (martirizzata il 25 dicembre – nota bene! – del 304). In sostanza, tuttavia, il suo personaggio è noto soprattutto grazie alle costruzioni poetico-leggendarie della letteratura cortese e religiosa medievale, soprattutto francese. La ritroviamo infatti in varie opere, come il Couronnement de Saint-Louis; Le Roman de la Violette; Huon de Bordeaux; Aliscans; la Chronique de Jean d’Outremeuse; Florence de Rom; Le Chevalier au Cygne; Le Romanz de saint Fanuel; l’Esposalizi de nostra Dona; l’Histoire de Marie et de Jésus, dove compare con denominazioni leggermente variabili: Anastase, Anastaise, Anastasie, ma anche Honestaise o Onestasse, ma pur sempre con lo stesso ruolo di coadiutrice e assistente al parto della Vergine. In questo senso, Anastasia si definisce come una sorta di gemella o di alter ego positiva di Salome, con cui condivide in effetti non solo il compito di levatrice, ma anche il conseguente miracolo della guarigione delle mani. Sennonché Anastasia non viene sanata dopo essere stata prima punita a causa della sua incredulità, perché – almeno secondo una versione della storia – le mani non le ha mai avute, essendo nata mutila, e le riacquista miracolosamente proprio per aver assistito la Vergine, senza incertezze, e aver preso in braccio il bambino. Il nocciolo della vicenda è evidentemente già presente nell’Evangelium Infantiae Salvatoris Arabicum, che hai giustamente citato anche nel tuo libro, dove appunto si tratta di una vecchia che si dichiara “da lungo tempo” già paralitica e che appunto spera nel miracolo, e quindi non subisce la severa punizione che colpisce l’incredula. La figura di Anastasia aggrega perciò elementi di natura e provenienza diversa (esistono ulteriori coincidenze con altri testi medievali, per esempio La Manekine di Philippe de Remi), ma in ogni caso inverte la connotazione negativa associata tipicamente a Salome.

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8. Libro d’ore di Rennes, 1405, Philadelphia

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9. Heures de Jean de Montauban, 1430-1440, Rennes

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10. Heures a l’usage de Paris, Carpetntras

Le differenze, sia pure spesso a fatica, si possono cogliere anche nelle immagini. Non per caso capita di trovare figurazioni in cui la levatrice appare con il nimbo: non è un abuso arbitrario del pittore, ma la scelta deliberata di rappresentare Sant’Anastasia. Capita, come è prevedibile, soprattutto in area francese, meno raramente di quanto si potrebbe supporre, spesso nell’illustrazione libraria (vedi fig 9,8,10), ma non solo, e credo che anche nel capitello di Saint Vincent che tu illustri a p. 43 si tratti, in effetti, proprio di Sant’Anastasia. Ma ad ogni modo alcune immagini, in particolare, sono eloquenti di là da ogni dubbio. La più significativa compare nel Libro d’Ore parigino del Getty Museum di Los Angeles, datato 1420 e illuminato da un certo maestro Spitz, non estraneo alla cerchia dei fratelli Limbourg. Nella scena della natività (fig. 11), subito alle spalle della Vergine vediamo la santa ostetrica Anastasia, con tanto di aureola dorata, composta in devota venerazione ma ancora senza mani, che però stanno prontamente arrivando “al volo”, portate da un cherubino.

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11. Libro d’ore, 1420, Los Angeles, J. P. Getty Museum. Particolare

A dire il vero, non è molto chiaro come una donna senza mani possa aver aiutato la Vergine a partorire (anche se forse non c’era molto lavoro da fare) o come possa aver preso in braccio il neonato senza farlo cadere. Misteri provvidenziali. Alcuni artisti, comunque, il problema se lo sono posto certamente: ad esempio, il miniatore della famosa Bibbia inglese di Holkham (1330 ca), deve aver pensato, con un certo senso pragmatico, che Anastasia per svolgere le sue pie mansioni si sarà pure servita di qualche protesi e coerentemente, a scanso di equivoci, nella scena del presepe (fig. 12), ha raffigurato la levatrice “credula” – chiamiamola così – con le sue nuove mani, ma con la vecchia mano artificiale legata al polso, a titolo di ex-voto e a futura memoria del lettore.

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12. Bibbia di Holkham, 1327-1335, Londra, British Library

Per quel che ne so, è un hapax, però si potrebbe anche considerare un supplemento di indagine. Per fare un esempio, nella tavola dei Capitolini, illustrata nel tuo libro a p. 51, l’ancella che si accinge a prendere in braccio il bambino sembra avere dei segni rossi sui polsi, che invece non si vedono affatto nell’altra donna intenta a temperare l’acqua: allusione o allucinazione? Non saprei, ma visto che i Capitolini non sono lontani, quando mi capita farò un salto a dare un’occhiata da vicino. A questo punto credo di essermi dilungato anche troppo, ma spero che queste note a margine possano essere spunto per ulteriori riflessioni e commenti o, eventualmente, approfondimenti.

Michele Di Monte

 
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Pubblicato da su 27/06/2013 in Articoli, La levatrice incredula

 

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Tiziano mai visto. “Tre volte Gesù in quella tela”. La lettura del vicentino Lovato sul sogno della “Fuga in Egitto”

di Lino Zonin – pubblicato su “Il Giornale di Venezia” – Mercoledì 28 Novembre 2012

Fuga-In-Egitto-TizianoDel “Tiziano mai visto” il quadro che il maestro cadorino avrebbe dipinto nel 1507 e che descrive la Fuga in Egitto della Sacra Famiglia, si sa praticamente tutto: che fa parte della collezione dell’Ermitage di San Pietroburgo, che ha subito un restauro durato 12 anni a cura della National Gallery di Londra e che, prima di tornare da propietari russi, sta facendo tappa a Venezia, dove è esposto fino al 2 dicembre alle Gallerie dell’Accademia. Sono  note anche le critiche e le valutazioni dei maggiori esperti d’arte, divisi, sopratutto, sull’attribuzione dell’opera aTiziano mai visto - Il Giornale di Venezia Tiziano (la disconoscono Vittorio Sgarbi, Lionello Puppi, Augusto Gentili… ). Tra le varie interpretazioni spicca per originalità ed intuito quella di Guerrino Lovato , studioso d’arte nato a Brendola e attivo da anni a Venezia. La sua ricostruzione del senso e del significato del quadro è davvero intrigante. “Innanzi tutto – spiega spiega Lovato – è chiaro che Tiziano (il quale, ma è solo mio modesto parere, è senza dubbio l’autore del quadro) si è ispirato per comporre questa sua opera Fuga in Egitto di Tiziano - Gesù 01ai vangeli apocrifi, antichi testi che raccontano, a volte in modo fantasioso, i primi anni della vita di Gesù e che la Chiesa non riconosce come autentici. E’ una tesi già esposta da Irina Artemieva, curatrice della mostra veneziana, e supportata in modo chiaro dalla descrizione idilliaca del paesaggio che mostra un mondo incontaminato nel quale la cerva, simbolo della ritrosia, giace tranquilla al passaggio della carovana, le greggi non hanno bisogno del pastore e un bue sosta placido “guardando in camera” viene da dire con linguaggio cinematografico, e richiamando, assieme all’asino che porta Maria e il bambinello in fasce, l’immagine classica della natività. Da qui in avanti l’analisi di Guerrino Lovato si fa più ardita. “Altrettanto identificativa del riferimento ai vangeli apocrifi – continua – è la figura di Gesù, la quale viene qui effigiata ben tre volte in altrettanti momenti dei primi anni della sua vita: Il primo Gesù è chiaramente il bambinello in grembo alla madre, Fuga in Egitto di Tiziano - Gesù 02il secondo è il giovane che tiene per la cavezza l’asino e nel quale il volto radioso e le vesti soffuse di un candido chiarore (“vestito di luce” si legge negli apocrifi) lasciano intendere la rappresentazione di una figura sacra. Il giovane con la tunica rossa sullo sfondo che, seduto sotto un albero, sta parlando con un ragazzo e con un soldato, è il terzo Gesù, uscito dall’adolescenza e che si sta preparando alla predicazione. I vangeli apocrifi giocano spesso con ambiguità di questo tipo, raccontando anche il ritorno dall’Egitto – che nei testi ufficiali non viene narrato – e divertendosi a descrivere un mondo fatato nel quale Gesù sarebbe cresciuto. secondo me tutta la scena che si sviluppa alla destra della carovana rappresenta il sogno del bambino in fasce: il ritorno a casa, quando sarà più grande e non dovrà più salire sull’asino ma potrà guidarlo, e le prime discussioni cFuga in Egitto di Tiziano - Gesù 03on i coetanei e con gli adulti. Non va dimenticato che questa grande tela di oltre tre metri per due era destinata a una abitazione privata e che una certa libertà d’interpretazione era maggiormente tollerata in questi casi rispetto ai quadri commissionati dai religiosi. E ricordiamo anche che il tema del ritorno felice in un mondo idilliaco e pacifico era di buon auspicio per le navi veneziane che partivano dalla Laguna per compiere i loro viaggi commerciali per mare. Un’ iconografia simile si trova in un bassorilievo della cappella Badoer Giustinian nella chiesa di San Francesco della Vigna e mostra proprio un Gesù giovanetto che conduce per la cavezza dell’asino”. Resta da interpretare la composizione che si trova in primo piano, nell’angolo in basso a destra. “Quelle tre figure – un corvo, dei papaveri e una volpe – sono una chiave di lettura in perfetta sintonia con la mia tesi – conclude Guerrino Lovato – La cornacchia è l’uccello parlante, un cicerone Fuga in Egitto - Il cervo, il corvo, i papaveri e la volpemagico che racconta i tre stadi immaginari della vita giovanile di Gesù; il papavero rappresenta il sonno, l’oblio, l’elemento che giustifica l’atmosfera onirica e quasi sospesa che permea la costruzione del quadro; la volpe, infine, sta ad indicare l’astuzia e l’intelligenza che chi si pone davanti al dipinto deve esercitare per leggere il pieno significato dell’opera”.

 
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Pubblicato da su 16/03/2013 in Articoli, Tiziano

 

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Esce il libro di Guerrino Lovato: “La levatrice incredula nella storia della Natività”

"La levatrice incredula nella leggenda della natività" di Guerrino LovatoLe levatrici, o assistenti, che aiutano Maria al parto sono due, una chiamata Zelomi e l’altra Salomè. A volte sono indicate come Anastasia e Sebel… Ma solamente Salomè è protagonista del miracolo della guarigione delle mani invalide, simbolo del dubbio che la donna ebbe sulla verginità di Maria. Nelle icone della tradizione orientale le levatrici sono spesso due e sempre intente a lavare il piccolo Gesù, a porgerlo a Maria per la poppata, a stemperare l’acqua nel bacile o ad asciugare i panni; ma mai appare il fatto narrato dai Vangeli apocrifi che racconta dell’incredulità di Salomè, semplicemente spiegabile dalla non ortodossia delle fonti di un miracolo così precoce nella leggenda cristiana. Sia l’iconografia occidentale che quella orientale devono attingere a questi Vangeli e alla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine per trovare i soggetti dell’infanzia di Gesù, tanto necessari a quelle “Bibbie del popolo” che erano le chiese affrescate e scolpite, e le sacre icone dipinte. Nelle Natività della Chiesa d’Occidente, invece, il miracolo della levatrice incredula compare: dalle paleocristiane catacombe di San Sebastiano, del IV secolo, fino alla pala d’altare di Fermo di Rubens, dove si può identificare forse l’ultimo riferimento al leggendario miracolo; una tradizione lunga quasi 1200 anni a evidenziare il grande bisogno di miracoli, in special modo quelli legati al parto, all’allattamento e alla procreazione, momenti cruciali dell’umana esistenza. Nella tradizione iconografica orientale un pastore di nome Tirso confabula col dubbioso Giuseppe, cercando di interrogarlo e confonderlo diabolicamente. Sembra che Rubens ne avesse memoria nella sua particolare Natività con i pastori, dipingendo i due pastori (uno vecchio e uno giovane) accanto alla vecchia levatrice Salomè che mostra a Maria le mani guarenti, fissandola in volto. Sull’argomento, grazie a Italia Nostra, ho dato una conferenza a Fermo nel dicembre del 2007. Forse la vecchia del dipinto omonimo di Giorgione, suggeritami da Mattia Biffis come balia o levatrice, si può convertire in incredula Salomè, trovandosi allineata a tante simili “comari”. Salomè vuol toccare per credere, come farà più tardi Tommaso negli Atti degli apostoli ricevendo un solenne rimprovero da Gesù, a monito di chi ha bisogno di prove palpabili per confermare la fede; o come la Maddalena, respinta dal noli me tangere. A Salomè andò peggio (come anche ad altri amichetti dei giochi d’infanzia di Gesù), e solo grazie all’intercessione di un angelo e di Maria, Salomè guarirà. Un miracolo apocrifo e raro quanto le poche immagini che lo rappresentano: meno di cinquanta sono quelle qui raccolte, comprese alcune di difficile interpretazione. Un miracolo che allargava il mistero gaudioso della Natività con una nuova scena, tra l’annuncio ai pastori e l’arrivo dei Magi. Se la levatrice rimasta accanto a Maria è una sola è già probabile che sia Salomè, e se poi ostenta un braccio privo di vita spesso aiutandosi con l’altro è sicuramente lei. Ed è sempre lei anche quando è raffigurata da sola a ricevere il bambino, come in Giotto agli. Scrovegni, come ho diffuso tramite i quotidiani nel dicembre del 2000 (la Nuova di Venezia, la tribuna di Treviso e il mattino di Padova). Oppure quando è la sola protagonista vicino alla sacra famiglia, vestita col copricapo velato di igienico panno bianco. Si può facilmente sospettare che possa essere stata riferimento, e forse oggetto di venerazione, della “consorelleria” delle levatrici o comari, preziose e indispensabili professioniste del nascere nel mondo di un tempo appena passato. In questo libro si sono volute pubblicare le opere che narrano, pur con varie sfumature, la storia della levatrice Salomè e del miracolo operato sulle sue mani. Letture spesso difficili, controverse e ipotetiche che si propongono a nuove “scoperte”. Facendo allo stesso tempo giustizia di errori di lettura e prospettiva storica, che spesso per superficialità, faciloneria o per aderenza a luoghi comuni, sono state proposte, anche di recente, da eminenti studiosi. Molte delle opere sono da tempo note nel loro contenuto, altre sono “nuove”, svelate qui per la prima volta (almeno così ci risulta), e sono indicate in didascalia con l’icona della “mano vedente” Il tutto per il beneficio di una migliore comprensione futura.

Guerrino Lovato
Venezia, Ottobre 2012

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Pubblicato da su 22/12/2012 in La levatrice incredula, Libri

 

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Video: La Levatrice Incredula

 
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Pubblicato da su 13/12/2009 in La levatrice incredula, Video

 

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02. Affresco – VII sec.

La natività con la levatrice incredula - Santa Maria Antigua – Castelseprio (VA)

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https://enigmidarte.wordpress.com/2009/12/13/video-la-levatrice-incredula

 
 

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03. Dittico in avorio – VII sec.

La natività con la levatrice incredula - Museo Civico Medioevale – Bologna

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