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INVITO: Un racconto per immagini di Guerrino Lovato – LA LEVATRICE INCREDULA – Venezia, 17 dicembre 2016

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L’ “Adorazione dei pastori” di Rubens in mostra a Milano, ma il vero significato ancora sfugge.

In questi giorni, a Palazzo Marino (dal 3 dicembre al 10 gennaio 2016) è esposta l'”Adorazione dei pastori” di Pietro Paolo Rubens. L’imponente pala d’altare, dipinta nel 1608 dal maestro fiammingo, proviene dalla Pinacoteca della città di Fermo. Numerosi articoli sono stati scritti dalle più importanti testate milanesi, ma qualcosa di importante continua a sfuggire e il vero significato del quadro continua a non emergere!
Provate anche voi a riguardarlo concentrandovi sulla dinamica dei rapporti tra i personaggi. Vi accorgerete che il significato è ben più complesso del titolo che porta. Ecco alcune domande da porsi guardando quest’opera:

  • Perche’ in questa Nativita’ in notturno, dove solo il neonato Gesù illumina la scena, ci sono due pastori distratti? Il giovane in rosso in primo piano non venera il bimbo, ma indica dubbioso il neonato e sembra chiedere conferma alla figura in piedi sulla sinistra.
  • Perchè la vecchia non porta nulla in dono, ma invece mostra le mani vuote alla Madonna e non si interessa al piccolo Salvatore?

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Il significato ce lo racconta da anni Guerrino Lovato e lo ha scritto anche nel suo libro “La levatrice incredula“: nella scena è rappresentata la storia della levatrice Salomé e del miracolo operato sulle sue mani dal bambino Gesù. Evento narrato nei Vangeli apocrifi e rappresentato per molti secoli per poi essere completamente dimenticato.

Da pag.130 del libro “La levatrice incredula”:
“La Salomè, qui rappresentata vecchia, ma sempre velata di bianco, esibisce le colpevoli mani alla Vergine implorandone la guarigione. Essa ignora, tuttavia, il bambino. La sua fede è raggiunta tramite la grazia del miracolo. Il possente pastore vestito di rosso, con un gesto poco ossequioso, chiede all’anziano conferma della divinità del piccolo: la sua fede la otterrà tramite l’istruzione, regola propria all’ordine dei Padri Filippini che commissionarono il quadro.”

Le radici del soggetto:
“…Uscita dalla grotta l’ostetrica si incontrò con Salomé, e le disse: “Salomé, Salomé! Ho un miracolo inaudito da raccontarti: una vergine ha partorito, ciò di cui non è capace la sua natura”. Rispose Salome: “Come è vero che vive il Signore, se non ci metto il dito e non esamino la sua natura, non crederò mai che una vergine abbia partorito”. Insieme si recano alla grotta della Natività, Salomè protende la mano verso Maria per constatare di persona, ma la mano immediatamente le si brucia; subito Salomè implora perdono a Dio, allora accorre un angelo, che le suggerisce di avvicinarsi al Bambin Gesù e di prenderlo in braccio. L’incredula, pentita, compie l’amorevole gesto suggeritole dall’angelo e subito viene risanata.”  Testo dal Vangelo dello pseudo-Matteo. La stessa storia si narra anche nel Protovangelo di Giacomo.

E voi cosa ci vedete? Lasciateci i vostri commenti.
Tanti auguri di Buon Natale da “Enigmi d’Arte”!

 

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Immagini della “Levatrice incredula” nella storia dell’arte. Dal libro di Guerrino Lovato.

24 immagini tratte dalla seconda edizione del libro “LA LEVATRICE INCREDULA NELLA LEGGENDA DELLA NATIVITA’” Cliccate sulle foto per ingrandirle e godere di tutti i particolari. Con un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato alle conferenze e agli affezionati lettori del nostro blog… i più sinceri auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo! Iscrivetevi al blog per seguire le novità del 2015.

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In copertina Lorenzo Lotto, olio su tavola, 1527 ca. Pinacoteca nazionale, Siena.


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Invito – La Levatrice incredula al Museo della città di Bettona

Sabato 22 marzo 2014 – ore 17,00
In Sala Biancalana del Museo della città di Bettona (Perugia)

Conferenza: La Levatrice incredula nella leggenda della Natività
Immagini di una storia dimenticata dal racconto di Guerrino Lovato
autore del libro La levatrice incredula nella leggenda della Natività
112 pp, Lupi e Sirene editore, Venezia 2012, € 13,00

Clicca qui per richiedere il libro

Levatrice Incredula

Guarda il video La Levatrice Incredula con Guerrino Lovato

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Video

I misteri della natività nell’arte. Guerrino Lovato a TV2000

Scopri tutta la leggenda.
Clicca per vedere il video La Levatrice Incredula 
con Guerrino Lovato

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Invito alla Conferenza “La levatrice incredula nella leggenda del Natale”

Conferenza di Guerrino Lovato
“La levatrice incredula nella leggenda del Natale”
Ingresso gratuito.

24 ottobre – ore 21,00 – Savignano – Sala Allende – corso Vendemini 18
Evento organizzato dall’Associazione Guide Turistiche della Romagna

La levatrice incredula nella leggenda della natività

 
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Pubblicato da su 22/10/2013 in Conferenze, Eventi

 

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Approfondimento a “La levatrice incredula nella storia della natività”

Da una lettera di Michele Di Monte
Note aggiuntive al libro di Guerrino Lovato “La Levatrice incredula nella storia della natività“.

Quanto alla complessità, la figura della levatrice più o meno incredula (uso di proposito questa formula) si offre a una lettura stratificata, così come stratificate e sfaccettate sono le funzioni che essa assume e può assumere nelle diverse interpretazioni figurative. Si tratta, in realtà, di un personaggio ambivalente, sotto più di un rispetto. Tanto per cominciare, infatti, e da un punto di vista filologico e “genetico”, proprio il dettaglio del bagno del Cristo appena nato ad opera delle due ancelle, per quanto di contorno, è il più evidente trait d’union con i precedenti iconografici classici del tema della Natività, vale a dire con la scena della nascita e dell’infanzia di Dioniso, dove ricorrono appunto, talvolta con notevoli coincidenze, le figure delle ancelle intente ad accudire il neonato (vedi, qui di seguito, figure 1,2,3).

1. Infanzia di Dioniso, Roma, Musei Capitolini

1. Infanzia di Dioniso, Roma, Musei Capitolini

2. Nascita di Dioniso, III s., Roma, Museo Ostiense

2. Nascita di Dioniso, III s., Roma, Museo Ostiense

3. Nascita di Dioniso, II s., Perge, Asia Minore

3. Nascita di Dioniso, II s., Perge, Asia Minore

Non stupisce che una simile configurazione compaia a Roma, già nei primi secoli del Cristianesimo, nelle catacombe di San Valentino sulla via Flaminia (non di S. Sebastiano, in realtà, come indicato per svista nel tuo libro), anche se oggi possiamo giudicare solo dalle incisioni della Roma sotterranea del Bosio (1632), che peraltro aveva scambiato la scena del bagno per la raffigurazione di un martirio (donde le fattezze maschili di Salomè che tu stesso hai notato: fig. 4)

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4. A. Bosio, Roma sotterranea, 1632

Persino il titulus con cui una delle due donne viene non di rado contrassegnata nelle immagini bizantine, in particolare in Cappadocia, Hmea (o H MEA, dal greco H MAIA, cioè appunto “levatrice”), potrebbe derivare da un prototipo antico, il celebre Velo di Antinoë, oggi al Louvre, che raffigura appunto il frangente del bagno di Dioniso, rappresentato in braccio alla levatrice Mea. In Occidente, il titulus diventa un vero e proprio nome, come succede a S. Maria foris portas di Castelseprio (che nel tuo libro, non saprei perché, compare come S. Maria “Antigua”), anche grazie alla traslitterazione latina. Nell’episodio della natività, l’ancella incredula è infatti identificata come Emea – lo si vede meglio nelle vecchie foto (fig. 5.) – la quale ricompare anche più in basso, con identica acconciatura, nella scena del bagno, esattamente come nelle catacombe di S. Valentino (e dunque non c’è bisogno di postulare tre ancelle invece delle due canoniche, come suggerisci a p. 28). Tra l’altro, qui sembra esserci stata anche una sorta di inversione, dal momento che, di norma, negli affreschi rupestri orientali – a Qeledjar, Soghanle, Qaranleq, Tchareqle, Qarabach – la seconda donna è appunto qualificata come CΑΛΟΜΕ o CΑΛΟΜΙ.

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5. La levatrice Emea, S. Maria foris portas, Castelseprio, particolare

La Salome descritta dagli Apocrifi poteva così trovare un supporto o una veste visiva bell’e pronti, anche se dal punto di vista testuale l’identità della levatrice incredula è piuttosto complessa, in particolare nella tradizione orientale (e copta, soprattutto) in cui si forma pure il Protovangelo di Giacomo, dove Salome, per omonimia, viene talvolta identificata nella figlia di Giuseppe, sorella di Gesù, e talaltra nella Maria Salome discepola di Cristo, ulteriormente associabile alla Madre di Giacomo Minore, alla madre dei figli di Zebedeo, o alla sorella di Maria, variamente citate nei Vangeli. Come che sia, anche sul piano figurativo la declinazione del suo ruolo è variabile, così come è variabile la scelta dei momenti e delle connotazioni implicate: da una semplice presenza funzionale e “neutrale” – frequente in area orientale post-iconoclasta – e spesso con inflessioni realistiche (come nelle scene in cui controlla la temperatura dell’acqua del bagnetto) al più esplicito riferimento all’episodio della mano paralizzata e poi guarita, che può ulteriormente articolarsi in una sorta di sequenza micro-narrativa o includere momenti successivi e distinti, come la predicazione del miracolo.

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6. Avorio bizantino, VI s., Londra, British Museum

Un esempio del primo caso, piuttosto precoce, si vede nella placchetta del British Museum (fig. 6), dove, nel registro inferiore, Salome, dopo aver saggiato la verginità d Maria (a sinistra) e aver presumibilmente lamentato la punizione (come nella scena di Castelseprio e della Cattedra di Massimiano), corre, a destra, a toccare la greppia, reggendosi la mano con il braccio sano (il particolare si vede ancora meglio in una pisside d’avorio, oggi a Berlino, più o meno coeva, che riprende il motivo: fig. 7).

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7. Pisside d’avorio, VI-VII s., da Minden, Berlino, Staatlichen Museen

Quanto alle amplificazioni narrative, l’esempio forse più indicativo sono i disegni trecenteschi del codice Ambrosiano, MS L. 58 sup. Ma c’è un altro aspetto, sebbene meno noto, che riguarda più direttamente l’ambivalenza della figura che stiamo trattando. Infatti, in varie illustrazioni medievali, e più precisamente tardo-medievali, il ruolo che dovrebbe essere di Salome viene di fatto assunto da un altro personaggio, la cui identità non è sempre facilmente accertabile e distinguibile, ma che pure presenta, in qualche caso, peculiarità specifiche. Si tratta di quella Anastasia che anche tu citi di sfuggita, ma che va in realtà distinta dalla Salome della tradizione più antica. Nell’agiografia cristiana c’è più d’una santa con questo nome, e talvolta l’Anastasia che ci interessa viene identificata con la martire di Sirmium (martirizzata il 25 dicembre – nota bene! – del 304). In sostanza, tuttavia, il suo personaggio è noto soprattutto grazie alle costruzioni poetico-leggendarie della letteratura cortese e religiosa medievale, soprattutto francese. La ritroviamo infatti in varie opere, come il Couronnement de Saint-Louis; Le Roman de la Violette; Huon de Bordeaux; Aliscans; la Chronique de Jean d’Outremeuse; Florence de Rom; Le Chevalier au Cygne; Le Romanz de saint Fanuel; l’Esposalizi de nostra Dona; l’Histoire de Marie et de Jésus, dove compare con denominazioni leggermente variabili: Anastase, Anastaise, Anastasie, ma anche Honestaise o Onestasse, ma pur sempre con lo stesso ruolo di coadiutrice e assistente al parto della Vergine. In questo senso, Anastasia si definisce come una sorta di gemella o di alter ego positiva di Salome, con cui condivide in effetti non solo il compito di levatrice, ma anche il conseguente miracolo della guarigione delle mani. Sennonché Anastasia non viene sanata dopo essere stata prima punita a causa della sua incredulità, perché – almeno secondo una versione della storia – le mani non le ha mai avute, essendo nata mutila, e le riacquista miracolosamente proprio per aver assistito la Vergine, senza incertezze, e aver preso in braccio il bambino. Il nocciolo della vicenda è evidentemente già presente nell’Evangelium Infantiae Salvatoris Arabicum, che hai giustamente citato anche nel tuo libro, dove appunto si tratta di una vecchia che si dichiara “da lungo tempo” già paralitica e che appunto spera nel miracolo, e quindi non subisce la severa punizione che colpisce l’incredula. La figura di Anastasia aggrega perciò elementi di natura e provenienza diversa (esistono ulteriori coincidenze con altri testi medievali, per esempio La Manekine di Philippe de Remi), ma in ogni caso inverte la connotazione negativa associata tipicamente a Salome.

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8. Libro d’ore di Rennes, 1405, Philadelphia

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9. Heures de Jean de Montauban, 1430-1440, Rennes

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10. Heures a l’usage de Paris, Carpetntras

Le differenze, sia pure spesso a fatica, si possono cogliere anche nelle immagini. Non per caso capita di trovare figurazioni in cui la levatrice appare con il nimbo: non è un abuso arbitrario del pittore, ma la scelta deliberata di rappresentare Sant’Anastasia. Capita, come è prevedibile, soprattutto in area francese, meno raramente di quanto si potrebbe supporre, spesso nell’illustrazione libraria (vedi fig 9,8,10), ma non solo, e credo che anche nel capitello di Saint Vincent che tu illustri a p. 43 si tratti, in effetti, proprio di Sant’Anastasia. Ma ad ogni modo alcune immagini, in particolare, sono eloquenti di là da ogni dubbio. La più significativa compare nel Libro d’Ore parigino del Getty Museum di Los Angeles, datato 1420 e illuminato da un certo maestro Spitz, non estraneo alla cerchia dei fratelli Limbourg. Nella scena della natività (fig. 11), subito alle spalle della Vergine vediamo la santa ostetrica Anastasia, con tanto di aureola dorata, composta in devota venerazione ma ancora senza mani, che però stanno prontamente arrivando “al volo”, portate da un cherubino.

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11. Libro d’ore, 1420, Los Angeles, J. P. Getty Museum. Particolare

A dire il vero, non è molto chiaro come una donna senza mani possa aver aiutato la Vergine a partorire (anche se forse non c’era molto lavoro da fare) o come possa aver preso in braccio il neonato senza farlo cadere. Misteri provvidenziali. Alcuni artisti, comunque, il problema se lo sono posto certamente: ad esempio, il miniatore della famosa Bibbia inglese di Holkham (1330 ca), deve aver pensato, con un certo senso pragmatico, che Anastasia per svolgere le sue pie mansioni si sarà pure servita di qualche protesi e coerentemente, a scanso di equivoci, nella scena del presepe (fig. 12), ha raffigurato la levatrice “credula” – chiamiamola così – con le sue nuove mani, ma con la vecchia mano artificiale legata al polso, a titolo di ex-voto e a futura memoria del lettore.

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12. Bibbia di Holkham, 1327-1335, Londra, British Library

Per quel che ne so, è un hapax, però si potrebbe anche considerare un supplemento di indagine. Per fare un esempio, nella tavola dei Capitolini, illustrata nel tuo libro a p. 51, l’ancella che si accinge a prendere in braccio il bambino sembra avere dei segni rossi sui polsi, che invece non si vedono affatto nell’altra donna intenta a temperare l’acqua: allusione o allucinazione? Non saprei, ma visto che i Capitolini non sono lontani, quando mi capita farò un salto a dare un’occhiata da vicino. A questo punto credo di essermi dilungato anche troppo, ma spero che queste note a margine possano essere spunto per ulteriori riflessioni e commenti o, eventualmente, approfondimenti.

Michele Di Monte

 
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Pubblicato da su 27/06/2013 in Articoli, La levatrice incredula

 

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L’incredulità di Salomè

Da “Il Giornale dell’Arte – Aprile 2013

cattedra-di-massimianoScultore, storico delle immagini nonchè discepolo a distanza di Giulio Camillo Delminio e del suo “teatro della memoria” come egli stesso ama definirsi. Guerrino Lovato è autore in anni recenti di diversi contributi di estrema originalità ermeneutica nell’ambito dell’iconologia contestuale che si occupa prevalentemente di pittura e scultura veneta di età rinascimentale (basti pensare alle varie fruttuose incursioni nella rivista di Augusto Gentili “Venezia Cinquecento”). Il suo nuovo volume La levatrice incredula nella leggenda della Natività, rientra appieno nel filone di studi che hanno caratterizzato gli interessi di Lovato negli ultimi anni. Lo studioso sceglie un percorso ben preciso sin dall’inizio della sua narrazione, decidendo di lasciar parlare le immagini e di accompagnarne sobriamente la fruizione con piccoli e densi testi a mò di stringate schede di catalogo. L’argomento del libro, come è illustrato nella breve introduzione a questo vero e proprio viaggio attraverso oltre dieci secoli di arte occidentale, è la rarissima iconografia dell’incredulità della levatrice Salomè, al momento della natività di Cristo, in merito alla verginità di Maria. Ricavato dai Vangeli apocrifi e dalla Legenda aurea di Iacopo da Varagine, una fonte quest’ultima senz’altro più accessibile agli artisti tardomedievali e rinascimentali, il soggetto narra di come Salomè, rifiutando di credere alla verginità della Madonna, venisse punita con la paralisi delle mani e di come guarisse solamente dopo aver toccato, dietro suggerimento di un angelo, il neonato Nazzareno. L’immagine fa la sua comparsa in circa cinquanta opere di complessa decifrazione che vannoLa levatrice incredula nella leggenda della natività dalle catacombe paleocristiane di San Sebastiano a Roma fino alla luministica “Natività di Cristo” di Rubens nella Pinacoteca Civica di Fermo (nella foto: “Salomè mostra a Maria la mano paralizzata”cattedra eburnea di Massimiano, part.,VI secolo, Ravenna, Museo arcivescovile). La forza del testo di Lovato, che si propone come una sorta di snello repertorio iconografico a metà strada tra la guida e il catalogo, risiede nella sua efficacia narrativa, sempre in grado di svelare in modo semplice e convincente il significato più recondito all’interno di un’affascinante galleria di immagini tra le più diverse per epoca, stile, tecnica. F.B.


La levatrice incredula nella leggenda della Natività
di Guerrino Lovato, 112 pp, ill., Lupi e Sirene editore, Venezia 2012, € 13,00

Guarda il video La Levatrice Incredula con Guerrino Lovato

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Esce il libro di Guerrino Lovato: “La levatrice incredula nella storia della Natività”

"La levatrice incredula nella leggenda della natività" di Guerrino LovatoLe levatrici, o assistenti, che aiutano Maria al parto sono due, una chiamata Zelomi e l’altra Salomè. A volte sono indicate come Anastasia e Sebel… Ma solamente Salomè è protagonista del miracolo della guarigione delle mani invalide, simbolo del dubbio che la donna ebbe sulla verginità di Maria. Nelle icone della tradizione orientale le levatrici sono spesso due e sempre intente a lavare il piccolo Gesù, a porgerlo a Maria per la poppata, a stemperare l’acqua nel bacile o ad asciugare i panni; ma mai appare il fatto narrato dai Vangeli apocrifi che racconta dell’incredulità di Salomè, semplicemente spiegabile dalla non ortodossia delle fonti di un miracolo così precoce nella leggenda cristiana. Sia l’iconografia occidentale che quella orientale devono attingere a questi Vangeli e alla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine per trovare i soggetti dell’infanzia di Gesù, tanto necessari a quelle “Bibbie del popolo” che erano le chiese affrescate e scolpite, e le sacre icone dipinte. Nelle Natività della Chiesa d’Occidente, invece, il miracolo della levatrice incredula compare: dalle paleocristiane catacombe di San Sebastiano, del IV secolo, fino alla pala d’altare di Fermo di Rubens, dove si può identificare forse l’ultimo riferimento al leggendario miracolo; una tradizione lunga quasi 1200 anni a evidenziare il grande bisogno di miracoli, in special modo quelli legati al parto, all’allattamento e alla procreazione, momenti cruciali dell’umana esistenza. Nella tradizione iconografica orientale un pastore di nome Tirso confabula col dubbioso Giuseppe, cercando di interrogarlo e confonderlo diabolicamente. Sembra che Rubens ne avesse memoria nella sua particolare Natività con i pastori, dipingendo i due pastori (uno vecchio e uno giovane) accanto alla vecchia levatrice Salomè che mostra a Maria le mani guarenti, fissandola in volto. Sull’argomento, grazie a Italia Nostra, ho dato una conferenza a Fermo nel dicembre del 2007. Forse la vecchia del dipinto omonimo di Giorgione, suggeritami da Mattia Biffis come balia o levatrice, si può convertire in incredula Salomè, trovandosi allineata a tante simili “comari”. Salomè vuol toccare per credere, come farà più tardi Tommaso negli Atti degli apostoli ricevendo un solenne rimprovero da Gesù, a monito di chi ha bisogno di prove palpabili per confermare la fede; o come la Maddalena, respinta dal noli me tangere. A Salomè andò peggio (come anche ad altri amichetti dei giochi d’infanzia di Gesù), e solo grazie all’intercessione di un angelo e di Maria, Salomè guarirà. Un miracolo apocrifo e raro quanto le poche immagini che lo rappresentano: meno di cinquanta sono quelle qui raccolte, comprese alcune di difficile interpretazione. Un miracolo che allargava il mistero gaudioso della Natività con una nuova scena, tra l’annuncio ai pastori e l’arrivo dei Magi. Se la levatrice rimasta accanto a Maria è una sola è già probabile che sia Salomè, e se poi ostenta un braccio privo di vita spesso aiutandosi con l’altro è sicuramente lei. Ed è sempre lei anche quando è raffigurata da sola a ricevere il bambino, come in Giotto agli. Scrovegni, come ho diffuso tramite i quotidiani nel dicembre del 2000 (la Nuova di Venezia, la tribuna di Treviso e il mattino di Padova). Oppure quando è la sola protagonista vicino alla sacra famiglia, vestita col copricapo velato di igienico panno bianco. Si può facilmente sospettare che possa essere stata riferimento, e forse oggetto di venerazione, della “consorelleria” delle levatrici o comari, preziose e indispensabili professioniste del nascere nel mondo di un tempo appena passato. In questo libro si sono volute pubblicare le opere che narrano, pur con varie sfumature, la storia della levatrice Salomè e del miracolo operato sulle sue mani. Letture spesso difficili, controverse e ipotetiche che si propongono a nuove “scoperte”. Facendo allo stesso tempo giustizia di errori di lettura e prospettiva storica, che spesso per superficialità, faciloneria o per aderenza a luoghi comuni, sono state proposte, anche di recente, da eminenti studiosi. Molte delle opere sono da tempo note nel loro contenuto, altre sono “nuove”, svelate qui per la prima volta (almeno così ci risulta), e sono indicate in didascalia con l’icona della “mano vedente” Il tutto per il beneficio di una migliore comprensione futura.

Guerrino Lovato
Venezia, Ottobre 2012

Clicca qui per richiedere il libro

 
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Pubblicato da su 22/12/2012 in La levatrice incredula, Libri

 

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Enigmi d’Arte a Spazio Tadini


Sei una persona curiosa? Questa è la serata che fa per te! A Spazio Tadini un’anteprima assoluta!
Guerrino Lovato con il suo stile appassionato e coinvolgente, scioglie l’enigma di un’opera esposta a Roma nella mostra dedicata a Lorenzo Lotto. Uno scoop che è finito sui giornali. Ma non è tutto, solo per voi… 3 NUOVI ENIGMI D’ARTE mai svelati, relativi a famose opere meneghine:

  1. La Pietà di Lorenzo Lotto – Pinacoteca di Brera
    “Lottomantica” – Cosa sta guardando l’angioletto che regge le gambe di Gesù? 
  2. Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo – Palazzo dell’Arengario
    Scopriamo insieme il simbolismo teologico nascosto nel manifesto del popolo laico
  3. ll paliotto d’oro di Vuolvinio – Basilica di Sant’Ambrogio
    Introduzione al mito della “Levatrice incredula” nell’arte. Tra le tante formelle d’oro che decorano l’altare di Sant’Ambrogio c’è ne una in particolare che racconta una storia antichissima… 

Vi aspettiamo numerosi alle ore 19,00 a Spazio Tadini via Jommelli 24 – Milano.
Sarà una serata divertente ed appassionante. La conferenza diventerà un film. INGRESSO GRATUITO
www.spaziotadini.it 

Ricerca storica ed enigmi svelati da: Guerrino Lovato – storico delle immagini, svolge attività di conferenziere in circuiti culturali. Pubblica sulle testate Venezia Cinquecento e ArteDossier.
Autore blog e art director: Nicoletta Metri

Un ringraziamento particolare a Melina Scalise e Federicapaola Capecchi di Spazio Tadini per l’ospitalità e a tutti gli amici che partecipano al progetto: Matteo di Guida, Matteo Donini, Paolo Mameli, Andrea Topi, Marco Brazzola


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Chi è l’animale nel logo? E’ l’asino di Prendiparte.
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Il mito della “levatrice incredula” nella natività. Guarda il video
Sono io… Lorenzo Lotto allo specchio. Guarda il video 

 

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