Il sottarco dei mestieri, a San Marco, capolavoro della scultura romanica a Venezia.
Il patriarca Noè medita sul lavoro degli uomini. La famiglia di Noè, sotto la sua direzione e volontà voluta da Dio, prima lavora alla costruzione dell’Arca della Salvezza, simbolo del popolo eletto giusto e laborioso, e qui a Venezia, alla costruzione della città stessa, salvata e protetta dalle acque. Noè in palazzo Ducale e in San Marco è la figura vetero testamentaria più riprodotta e omaggiata, anche nel colossale formato della scultura dell’ebbrezza. Poi nel nartece di San Marco ha una delle più ampie storie mosaicate dove il suo possente nudo viene rappresentato per ben due volte, citando Ercole in riposo, stanco dalle fatiche e ubriaco, splendida figura prestata dalla cultura classica. Ancora nell’arco superiore esterno viene scolpita la scandalosa ma eloquente ebbrezza. I vecchi, i saggi, i padri non possono essere derisi nelle loro puerili debolezze, pena la condanna alla servitù. Riposa dalle fatiche del costruire con ingegno, metodo e mestiere, come anche l’invenzione dell’agricoltura. Noè che morirà a 950 anni è seduto nel trono intagliato che gli è dovuto, si appoggia e trattiene le utili stampelle. Il copricapo a zucca orientale lo colloca tra i primi profeti, ha lunghi capelli e barba ricciuta, una ampia veste e manto a larghe pieghe che non nasconde il nutrito ventre di Patriarca matriarcale. Medita col dito della mano destra nella bocca a segno del silenzio come stupore e rispetto, nella posa del meditativo e creativo malinconico. Sopra la sua testa si apre l’arcobaleno della conciliazione tramite l’attività umana, il lavoro come nobile percorso della vita che rende agli uomini nutrimento e libertà repubblicana, tutto sotto l’agnello di Dio, vertice e bussola di ogni attività. Per Venezia, l’Arca salvifica era sia la città sulle acque che la chiesa stessa, di San Marco, quintessenza del sapere dello Stato Ducale. Ecco perché i mestieri rappresentati con tanta vivacità e aneddotica escludono le attività suntuarie, del lusso e del piacere, che Venezia certamente produceva, ma come nella Prima repubblica romana, i valori comuni erano virtuosi se utili alle indispensabili attività, dalla pesca alla cantieristica, dalla muratura alla nutrizione. Noè osserva, esausto ma ancora creativo, il frutto della sua gente laboriosa e associativa. È il Doge vecchio e giudice, e la controfigura dell’artista anziano che come Dio si compiace della sua creazione. Per gli antichi l’Arte era tutto ciò.
Genova – Potrebbe essere la ri-scoperta dell’anno. Almeno per quanto riguarda il mondo dell’arte . Una colossale testa di Profeta o apostolo, probabile opera dello scultore trecentesco Marco Romano, si trova non valorizzata e poco conosciuta nel secondo cortile, quello «palladiano», delle restaurate e ancora vuote sale dell’ex Accademia delle Belle Arti di Venezia, da poco riaperte ai visitatori. Si tratta di una rara scultura colossale del primo periodo gotico, ovvero un capolavoro protoneoclassico. Lo sostiene lo scultore e storico delle immagini veneziano Guerrino Lovato, che rivela la scoperta da lui fatta visitando i rinnovati spazi espositivi, aperti il 18 dicembre scorso. Si tratta di un busto in marmo greco alto 65 centimetri, con venature grigie, tipico della scultura medievale adriatica, posizionato nel cortile da almeno un secolo fra tante sculture provenienti da chiese e conventi soppressi in epoca napoleonica.
È ancorata con una barra d’acciaio su una balaustra che domina il cortile. Romano, scultore romano senese, a Venezia firma il suo capolavoro nella chiesa di San Simeon Grando, nel sestiere di Santa Croce, datata 1318.
Recentemente gli è stata attribuita l’Annunciazione aSan Marco a Venezia, altre sue sculture sono Duomo di Cremona, al Duomo di Siena e il monumento al Porrina nella collegiata a Casole D’Elsa (Siena), dove gli venne dedicata tre anni fa una mostra.
È un importante scultore a cavallo del `300 che si muove per i cantieri dei vari Comuni e Signorie lasciando una sola opera firmata, il San Simon Grando, dove dice di se´ in latino “Marco Romano scolpì questo insigne lavoro, la sua mano è degna di non piccole lodi”. La testa all’Accademia è calva, con un nido di riccioli in fronte, e altri ricci sulle tempie; i baffi si sollevano e ricadono, gli occhi hanno uno sguardo potente e fiero. A parte una scheggiatura sul naso e la scalpellatura del panneggio a destra è in ottime condizioni, poggiante su una base staccata, ma dello stesso marmo antico. Su chi potesse raffigurare, Lovato ricorda che «il vescovo Jacopo Albertini di San Pietro di Castello fu il committente del San Simeone, e potrebbe aver chiesto per la sua chiesa un busto del santo eponino Pietro». Tra gli elementi iconografici, lo scultore veneziano sottolinea che «l’occhio senza pupilla ma conil bulbo rotondeggiante, le orecchie morellianamente di Marco Romano, le sopracciglia sporgenti e folte e vene a rilievo sulle tempie e la fronte attraversata da sensibili rughe, fanno di questa rara scultura colossale del primo periodo gotico un capolavoro protoneoclassico».
Dal vuoto delle nuove gallerie emerge un capolavoro inedito! di Guerrino Lovato
Una colossale testa di Profeta o apostolo alta circa 65 cm troneggia nel secondo cortile, quello palladiano, delle restaurate e ancora vuote sale dell’ ex Accademia delle Belle Arti, da poco riaperte ai visitatori. Il busto in marmo greco con venature grigie, tipico della scultura medievale adriatica, è in quel luogo da almeno un secolo e fa parte della tante erratiche sculture, che si addossavano alle pareti della scuola di scultura e decorazione della vecchia Accademia provenienti dalle chiese e dai conventi soppressi in epoca napoleonica, e che con i dipinti formano il nucleo delle opere delle famose Gallerie a tutt’oggi. Molte paraste con bassorilievi del primo rinascimento sono ancora esposte. A mia conoscenza questo busto non ha goduto della minima attenzione, almeno da parte degli storici del secolo scorso e del nostro. Si tratta di una gigantesca testa con collo e breve panneggio, attualmente ancorata con barra d’acciaio, che come una polena domina il cortile di fronte alla celebre parete palladiana. Alcune mie foto di 40 anni fa la documentano in quel medesimo luogo a altezza di 2 metri, dunque accessibile e visibile ora come allora.
A mio avviso si tratta di una scultura di Marco Romano, scultore romano senese che a venezia firma il suo capolavoro in San Simeon Grando, sestriere Santa Croce, con la celebre figura del profeta giacente (cappella a sinistra dell ‘abside). La figura ha delle mani stupefacenti per il realismo che emanano e un volto potente avvolto in barba e capelli inarrivabili da altri scultori di quell’epoca. La data, 1318, è scolpita con la firma dello scultore accanto alla figura del profeta dormiente a grandezza naturale. Recentemente gli è stata attribuita l’Annunciazione a San Marco in Venezia, già erano note le sue sculture al Duomo di Cremona, al Duomo di Siena e il monumento al Porrina nella colleggiata a Casole D’Elsa. E proprio Casole, 3 anni fa, ha dedicato allo scultore una bella mostra con un generoso catalogo per l ‘occasione dell’acquisto di una testina di profeta molto simile alla nostra! E’ un importante scultore a cavallo del 300 che si muove per i cantieri dei vari Comuni e Signorie lasciando una sola opera firmata: il San Simon Grando sopracitato, dove dice di sè in latino “Marco Romano scolpì questo insigne lavoro, la sua mano è degna di non piccole lodi “.
Ma tornando al busto dell’Accademia, di chi si tratta? E’ un potente ritratto idealizzato di profeta o santo, Marco, Pietro o Paolo? E’ calvo, ma con un nido di teneri riccioli che scendono gravi e morbidi, come lana pettinata, dalla ampia fronte e che poi sviluppano materici gonfiori sfocianti in sferici riccioli centrati dal foro del trapano. I baffi si sollevano e ricadono dando l’espressione di un sorriso che invece è smorzato da uno sguardo potente e fiero come doveva essere un filosofo della cristianità! Il vescovo Jacopo Albertini di San Pietro di Castello fu il committente del San Simeone e poteva aver chiesto per l’antica chiesa un busto del santo eponino Pietro. Da dove provenga per ora non saprei dire, forse ne parla il Cicogna… Certo non ha interessato ne Wolters, nè la Bassi ,ne De Logu, nè altri storici dell’arte che quel luogo hanno dovuto vedere e frequentare e se era posta staccata dalla parete era per poter godere anche della nuca ornata da due serie di riccioli specularmente perfetti. A parte una scheggiatura sul naso e la scalpellatura del panneggio a destra è in ottime condizioni. Poggia su una base staccata, ma dello stesso marmo antico. L’occhio senza pupilla con il bulbo rotondeggiante, le orecchie morellianamente di Marco Romano, le sopraccilia sporgenti e folte, le vene a rilievo sulle tempie e la fronte attraversata da sensibili rughe… fanno di questa rara scultura colossale del primo periodo gotico un capolavoro protoneoclassico che nell’Accademia Canoviana non dispiaceva!
Guerrino Lovato
scultore e storico delle immagini
Venezia, 30 dicembre 2013
Il disegno di Cleopatra di Michelangelo è un’opera piena di fascino e di mistero. Già nel 1988, a seguito di un restauro che lo libera dal controfondo, ci regala un colpo di scena svelando la presenza di un’altra immagine della regina egiziana con accanto il profilo di un vecchio, una versione precedente del soggetto, molto più drammatica di quella a noi nota. L’opera fa parte dei cosiddetti “presentation drawings”, ossia i disegni realizzati dall’artista non per fini progettuali, ma per farne dei regali speciali. In questo caso il regalo è destinato al nobile amico romano Tommaso Cavalieri che lo conserva con devozione fino a un giorno nel 1562 in cui è costretto a cederlo al duca Cosimo I dei Medici. In questo video Guerrino aggiunge un nuovo significato a quest’opera straordinaria e ci racconta come Michelangelo adorna il collo regale di Cleopatra con una raffinata metafora. Qui sotto trovate il video e le immagini dell’opera nel dettaglio. https://enigmidarte.wordpress.com/2010/03/31/video-cleopatra-di-michelangelo-il-morso-dello-stato/